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Le distrofie corio-retiniche ereditarie sono un gruppo di malattie rare, geneticamente determinate, che causano un deficit visivo spesso severo conseguente alla progressiva degenerazione dei fotorecettori retinici (coni e bastoncelli).
Le eredodistrofie sono patologie oculari molto eterogenee sia dal punto di vista clinico che genetico. La sintomatologia di esordio può presentarsi nella prima infanzia o nelle successive decadi della vita del paziente (forme late-onset) e può essere caratterizzata da alterazioni della sensibilità luminosa come fastidio alla luce (fotofobia) o difficoltà nella visione notturna (nictalopia) o nell’adattamento al buio (emeralopia). La diagnosi è clinica e strumentale e si basa sulla valutazione clinica completa del paziente e sull’esecuzione di esami strumentali come l’elettroretinogramma, l’elettro-oculogramma, l’esame del campo visivo, l’OCT, l’autofluorescenza.
In alcuni casi si avvale anche dell’ausilio della fluorangiografia e dell’angiografia al verde di indocianina. Nei casi in cui siano note le modalità di trasmissione ereditaria e le alterazioni molecolari più frequentemente associate è possibile effettuare un test genetico al fine di individuare la mutazione che sottende la patologia. Alcune distrofie retiniche ereditarie si possono sviluppare nell’ambito di malattie sindromiche, ovvero essere associate ad alterazioni che coinvolgono più distretti dell’organismo.
In questi casi è necessaria la valutazione del paziente da parte di più specialisti. Dal punto di vista terapeutico nella maggior parte dei casi sono consigliabili integratori alimentari e lenti filtranti per la protezione dalla luce solare. Nelle forme più avanzate, associate a severo deficit visivo, è possibile ricorrere all’uso di ausili ottici per facilitare la lettura. Numerose strategie terapeutiche mirate al trattamento vero e proprio di queste patologie sono attualmente in fase di sperimentazione, ma non ancora disponibili per un impiego clinico diffuso.
Tra le distrofie corio-retiniche ereditarie si annoverano:
Retinite pigmentosa: la forma tipica esordisce nelle prime decadi di vita del paziente con emeralopia e restringimento del campo visivo e si presenta con caratteristiche alterazioni dell’elettroretinogramma e del fondo oculare (accumuli di pigmento tipo “osteoblasti”). L’evoluzione progressiva della patologia può portare ad un campo visivo tubulare e ad un severo deficit visivo per la degenerazione dei fotorecettori retinici. Nelle forme sindromiche la malattia retinica si associa ad altre alterazioni come sordità (sindrome di Usher), polineuropatia (sindrome di Refsum), polidattilia e obesità (sindrome di Bardet-Biedl), deficit cognitivo (sindrome di Laurence-Moon). La modalità di trasmissione può essere autosomica dominante (il genitore affetto ha il 50% di probabilità di trasmettere la malattia ai figli), autosomica recessiva (i due genitori sono portatori sani e hanno il 25% di probabilità di trasmettere la malattia ai figli), X-linked (solo i pazienti di sesso maschile sono affetti, mentre le femmine sono portatrici sane). La malattia, inoltre, può presentarsi anche in assenza di altri individui affetti in famiglia (forme sporadiche).
Malattia di Stargardt: è la più frequente distrofia maculare ereditaria. La sintomatologia si presenta comunemente entro i vent’anni con riduzione della visione centrale. Possono, inoltre, essere presenti alterazioni della visione dei colori (discromatopsia), fotofobia, scotomi centrali (visione di macchie nere nel campo visivo).
All’esame del fondo oculare si possono osservare caratteristiche alterazioni della macula (zona centrale della retina) e possono essere presenti macchie bianco-giallastre tondeggianti o pisciformi attorno alla macula (flecks). La modalità di trasmissione nella maggior parte dei casi è autosomica recessiva, ma sono state descritte anche forme dominanti. La malattia è legata a mutazioni del gene ABCA4.
Malattia di Best: è una distrofia maculare progressiva che si manifesta comunemente nell’infanzia o nell’adolescenza con riduzione della visione centrale. L’esame del fondo oculare mostra peculiari alterazioni della macula (lesioni vitelliformi) che evolvono in una serie di stadi successivi con il progredire della patologia.
Tra gli esami diagnostici, un contributo importante è fornito dall’elettro-oculogramma che presenta caratteristiche alterazioni. La modalità di trasmissione è autosomica dominante. La malattia è legata a mutazioni del gene VMD2.
Amaurosi congenita di Leber: retinopatia ereditaria caratterizzata dalla degenerazione dei fotorecettori retinici e da una severa ipovisione presente già dalla nascita o ad esordio nei primi sei mesi di vita. Il quadro clinico è eterogeneo. I bambini affetti da questa patologia presentano pupille scarsamente reattive alla luce, nistagmo e/o movimenti oculari erratici, fotofobia e segni oculo-digitali. L’aspetto del fondo oculare è molto variabile e può essere normale nelle fasi iniziali.
L’elettroretinogramma è estinto o marcatamente ipovoltato sia nella risposta fotopica (espressione dell’attività dei coni maculari) sia in quella scotopica (espressione dell’attività dei bastoncelli). E’, inoltre, possibile l’associazione con altre alterazioni oculari come cataratta, cheratocono, cheratoglobo, enoftalmo e con alcune anomalie sistemiche come alterazioni neurologiche, renali, scheletriche e cardiache. La modalità di trasmissione è nella maggior parte dei casi autosomica recessiva.
Distrofia dei coni: patologia retinica ereditaria che si presenta con riduzione della visione centrale, fotofobia e deficit della visione dei colori. La sintomatologia esordisce più comunemente in età adolescenziale o in giovani adulti e successivamente tende all’evoluzione progressiva. La diagnosi si basa sulla storia clinica del paziente, l’esame del fondo oculare, l’OCT e l’elettroretinogramma. Le modalità di trasmissione sono variabili.
Coroideremia: è una distrofia corioretinica che colpisce dapprima la coroide (tessuto oculare riccamente vascolarizzato che alimenta la retina sovrastante) causando la progressiva degenerazione di coroide, epitelio pigmentato retinico e retina. La patologia esordisce con difficoltà di adattamento al buio e progressivo restringimento concentrico del campo visivo.
L’esame del fondo oculare mostra ampie aree di atrofia nella media periferia retinica. Nelle fasi successive si osserva una progressione del processo degenerativo e negli stadi avanzati la sclera può diventare visibile nelle ampie aree atrofiche. La modalità di trasmissione è X-linked, pertanto la malattia si manifesta nei pazienti di sesso maschile.
Tuttavia, le femmine portatrici, sebbene generalmente non sviluppino un deficit visivo grave, possono presentare significative alterazioni del fondo oculare. La malattia è legata a mutazioni del gene CHM.
Atrofia girata della coroide: distrofia corioretinica ereditaria causata dalla mutazione di un gene coinvolto nel metabolismo della proteina ornitina. I pazienti affetti presentano disturbi della visione notturna e restringimento del campo visivo.
L’evoluzione progressiva della patologia può portare ad un severo deficit della funzione visiva. All’esame del fondo oculare si osservano aree di atrofia corioretinica in periferia e media periferia retinica. La diagnosi è confermata dal dosaggio dell’ornitina plasmatica e/o urinaria, che risulta aumentato.
Il trattamento consiste in una dieta povera di arginina e nella supplementazione con vitamina B6, cofattore coinvolto nel metabolismo dell’ornitina. Nelle forme responsive al trattamento si osserva la normalizzazione dei livelli di ornitinemia. La modalità di trasmissione è autosomica recessiva.